
L’emicrania si puo’ curare! Arrivano gli anticorpi monoclonali
Intervista al Prof. Innocenzo Rainero che ci parla dei nuovi farmaci che agiscono sulle cause della patologia. Farmaci che sono il frutto di ricerche che oggi permettono di curare l’emicrania. Una vera rivoluzione che può cambiare la qualità di vita di moltissime persone.
Un miliardo di persone nel mondo soffre di emicrania; il 12% della popolazione italiana, soprattutto donne, convive con questa patologia in grado di limitare pesantemente le attività quotidiane (è la prima causa di disabilità nella fascia giovanile d’età). Fino ad oggi la soluzione consisteva nell’assumere farmaci analgesici; una soluzione transitoria e, in alcuni casi, pericolosa per effetti collaterali anche severi e rischio di dipendenza.
I meccanismi dell’emicrania erano del tutto oscuri, il che rendeva impossibile individuare una cura. Negli ultimi anni è arrivata la svolta.
Ne parliamo con Innocenzo RAINERO, Professore Ordinario di Neurologia del Dipartimento di Neuroscienze 'Rita Levi Montalcini' dell’Università degli Studi di Torino.
Perché si scatena l’emicrania?
I meccanismi dell’emicrania sono molto complessi e non li conosciamo ancora totalmente, ma quello fondamentale, quello che correla alla sintomatologia cefalalgica è noto ormai da anni: l’infiammazione neurogenica del sistema trigemino-vascolare. Questo sistema viene attivato da diversi stimoli, il risultato è il rilascio di neuropeptidi tra cui, il principale, è il CGRP.
In sintesi, è stato dimostrato che il neuropeptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) svolge un ruolo fondamentale nei circuiti centrali e periferici dell’emicrania. Consequenzialmente, la ricerca si è concentrata sulla produzione di un agente capace di bloccare l’azione del CGRP e quindi in grado di curare la patologia: gli anticorpi monoclonali.
Come funzionano i nuovi farmaci contro l’emicrania?
Funzionano bloccando il peptide CGRP, cioè il peptide pro-infiammatorio, oppure bloccando il recettore, ossia quella molecola su cui si lega per innescare la reazione.
Durante l’attacco emicranico c’è un fenomeno, chiamato infiammazione neurogenica, in cui vengono rilasciati dal cervello dei diversi neuropeptidi che alterano la parete dei vasi; questo fenomeno è responsabile del dolore, la cefalea pulsante che è caratteristica della fase emicranica.
Ora abbiamo a disposizione i primi farmaci di prevenzione specifici, cioè basati proprio sui meccanismi correlati alla malattia.
Mentre prima, e tutt’ora usiamo dei farmaci che non sono stati studiati in maniera selettiva, con questi farmaci vediamo una svolta importante perché agiscono sulle caratteristiche biochimiche dell’attacco emicranico.
Quindi non agiscono sul sintomo, ma sulla causa?
Gli anticorpi monoclonali sono una terapia di profilassi. Non devono essere assunti quando insorge un attacco di emicrania, agiscono sulla causa scatenante.
Sono già in commercio o ancora in fase sperimentale?
L’AIFA li ha registrati a luglio 2020, la Regione Piemonte, da gennaio di quest’anno, ci permette di utilizzarli.
Effetti collaterali?
Uno dei vantaggi è legato ad effetti collaterali che sembrano molto modesti: qualche paziente lamenta un po’ di stipsi e null’altro. Gli effetti a lungo termine dobbiamo monitorizzarli perché questo peptide svolge diverse funzioni (mantiene la regolazione della pressione) non solo nel corso dell’attacco emicranico.
Quanti pazienti traggono beneficio da questo trattamento?
Circa il 70%. Per noi è una percentuale alta e superiore alle precedenti terapie di profilassi. Un vantaggio è anche relativo alla modalità di somministrazione molto comoda per il paziente: un’iniezione sottocute al mese.
Questa iniezione deve effettuarla il medico?
La prima la facciamo al momento della visita, ma c’è un autoiniettore molto semplice da usare per il paziente.
Per i primi tre mesi di cura il farmaco viene fornito dai Centri regionali che sono stati selezionati per questa finalità; poi, redatto un piano terapeutico, il paziente ritira il farmaco nella farmacia ospedaliera della propria Asl. La terapia deve essere seguita costantemente per un anno e poi sospesa; a quel punto riverifichiamo i risultati e controlliamo se l’effetto è permanente.
Chiunque può, al momento, accedere a questa cura?
E’ una terapia che siamo autorizzati a fare su pazienti che hanno già provato altre forme di profilassi e prevenzione senza avere esito positivo. Se il soggetto non ha ottenuto risultati, con almeno tre terapie di profilassi, è idoneo per essere valutato per questa nuova terapia.
Ma non tutti i mal di testa sono emicrania, vero?
Infatti, il primo problema è la diagnosi. È vero che l’emicrania è la forma più frequente e invalidante di cefalea, ma ci vuole la diagnosi precisa del tipo di malattia che causa la cefalea.
Qual è lo specialista al quale rivolgersi per una diagnosi precisa?
Oggi, prevalentemente è il neurologo, ma ipotizziamo anche una figura di medico esperto nelle cefalee che non necessariamente sia un neurologo. Noi organizziamo un Master di II Livello in cui per un anno insegniamo un’ampia serie di indicazioni, risultati scientifici, studi, test per preparare al meglio chi voglia specializzarsi in questo particolare settore. Inoltre, nel nostro Paese abbiamo due società scientifiche, la SISC (Società Italiana per lo Studio delle Cefalee) e l’ANIRCEF (Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee) che realizzano corsi di preparazione e aggiornamento.
Perché si scatenano gli attacchi di emicrania? Esistono stili di vita che possono agevolarli o, al contrario, ostacolarli?
L’assetto genetico predispone agli attacchi, poi ci sono diversi fattori scatenanti: stress emotivo, le normali variazioni del ciclo nella donna, le variazioni della pressione atmosferica… i fattori scatenanti sono tanti.
Ma abbiamo anche fattori protettivi: la prima cosa che diciamo ai nostri pazienti è normalizzare lo stile di vita.
Quando incontriamo un nuovo paziente dobbiamo innanzitutto indagare sul suo stile di vita, perché è un elemento importantissimo.
Cosa aiuta ad allontanare gli attacchi? Cicli del sonno regolari (sia dormire troppo che dormire troppo poco può scatenare un attacco), alimentazione regolare (l’aumento di peso corporeo, così come la sua grave riduzione, può essere un fattore rilevante), fare attività fisica di tipo aerobico regolare, evitare il fumo.
Un grave problema è quello dell’abuso di farmaci sintomatici che può condurre ad effetti collaterali anche gravi; e quando si sviluppa una dipendenza, la crisi di mal di testa diventa una conseguenza dell’astinenza.